Lo scorso maggio la giornalista Sarah Elizabeth Richards, autrice di Motherhood, Rescheduled, ha scritto una lettera al Wall Street Journal
spiegando perché, allo scadere dei 35 anni, ha deciso di congelare i suoi ovuli. Tra i tanti passaggi interessanti della missiva, uno
colpisce più degli altri: «Congelare gli ovuli – si legge – mi ha dato
la disinvoltura per tornare, alla soglia dei quaranta, su Match.com e
annunciare con orgoglio agli uomini:
“Posso avere figli quando voglio, mi fa stare così bene non dover forzare le relazioni”».
Sarah è una delle migliaia di donne americane che hanno scelto di
eliminare alla radice il problema dell’orologio biologico, surgelando le
lancette del desiderio di maternità.
Una pratica sempre più diffusa,
nonostante i costi dell’operazione (si va dai 9 mila ai 13 mila
dollari), che riguarda donne sempre più giovani: negli Stati Uniti il
numero di trentenni che fanno ricorso al “social eggs freezing”
è aumentato del 20% negli ultimi due anni. La tecnica, partita dieci
anni fa, è in fase di ascesa: lo scorso anno il congelamento di ovuli è
stato promosso dall’American Society for Reproductive Medicine da
pratica clinica “sperimentale” a pratica “standard”.continua
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